Autore: Carmelo Marano
•
02 gen, 2021
Alla data del 30 novembre 2020, i contagi sul lavoro da COVID-19 denunciati all'INAIL sono 104.328, pari al 20,9% delle denunce complessive di infortunio sul lavoro pervenute dall'inizio dell'anno 2020. Nel corso dell’attuale pandemia da COVID-19, l’evenienza che un lavoratore come definito al comma a) dell’art. 2 del T.U. 81/2008 possa contrarre il virus SARS-Cov-2 è equiparata ad un infortunio sul lavoro dall’art. 42 del Decreto Legge 18/2020 (Disposizioni INAIL) e come tale soggetta agli obblighi di denuncia e di relativa tutela assicurativa del lavoratore colpito da questo infortunio. La Responsabilità del datore di lavoro verso il lavoratore dipendente e/o assimilato Se dunque l’infezione da SARS-Cov-2 può causare un infortunio sul lavoro, si considerano le azioni che il Datore di Lavoro dovrebbe intraprendere per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro e simmetricamente quali sono gli obblighi dei lavoratori. Il datore di lavoro dovrà attenersi a quanto previsto dall’art. 2087 del Codice Civile nella tutela delle condizioni di lavoro: “ L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ” In questi mesi, le misure previste dai Protocolli condivisi aziendali, firmati il 14 Marzo 2020 in base agli accordi interministeriali, integrati il 24 Aprile e confermati da vari DPCM, tra cui l’ultimo del 3 Dicembre 2020, prevedono di adottare determinate misure di prevenzione e contenimento di possibili contagi. L’utilizzo di maschere di protezione, la disinfezione delle mani, il distanziamento sociale e la riorganizzazione degli spazi e dei tempi lavorativi sono diventati prassi aziendale e per tutto il 2020 unica arma per fronteggiare l’emergenza sanitaria, in assenza di strategie e tecnologie ulteriori. Ora, con l’inizio della campagna nazionale di vaccinazione sorge spontanea la domanda se la vaccinazione dei lavoratori possa rientrare fra le misure preventive contro il contagio del virus SARS-Cov-2. In questa ipotesi (e si ribadisce, solo in questa ipotesi) il lavoratore avrebbe l’obbligo di sottoporsi alla somministrazione del vaccino, aderendo al Piano di Vaccinazione Nazionale e esibendo la certificazione vaccinale al Datore di Lavoro. Le modalità di tutela del lavoratore dal rischio biologico Nella prassi lavorativa il legislatore, per proteggere il lavoratore contro il rischio biologico prevede, in applicazione dell’art. 2087 del Codice Civile e come misura di prevenzione, l’emanazione di norme specifiche che dettagliano chi, come, dove e perché debba effettuare la relativa vaccinazione. Un caso simile già noto in letteratura è stato affrontato nel caso della lotta al batterio del Clostridium tetani, che causa una malattia infettiva acuta non contagiosa. La Legge ordinaria del Parlamento n° 292 del 05/03/1963 contro il rischio biologico da tetano dispone: Quali debbano essere le Categorie di lavoratori obbligati a vaccinazione antitetanica; Chi deve effettuare le vaccinazioni; I costi della vaccinazione; La frequenza delle rivaccinazioni perché ogni vaccino ha una durata limitata di copertura nel tempo. L’INAIL nel 1976 ha inoltre emanato un’apposita Circolare che estendeva l’obbligo alla vaccinazione antitetanica ad ulteriori classi di lavoratori. Le strategie adottate nel corso dei decenni sono state notevoli nel mondo del lavoro. Come riportato dall’INAIL, negli anni 70 del secolo scorso colpiva più di 800 lavoratori con una letalità fino al 64%. Le normative di vaccinazione antitetanica obbligatoria antitetanica hanno ridotto a 100 i casi di tetano notificati all’INAIL nell’anno 2000 (dati Istituto Superiore della Sanità). Per quanto riguarda il SARS-Cov-2, è plausibile pensare ad un iter simile pensato per i lavoratori durante la futura campagna vaccinale nel corso dei mesi del 2021 e anni successivi. sarà quindi indispensabile una legge specifica che indichi innanzitutto quali siano le categorie a rischio biologico da COVID-19. Sempre nella legge si dovranno indicare le modalità e i tempi per la vaccinazione obbligatoria. L’attesa della copertura vaccinale dei lavoratori per il raggiungimento dell’immunità di gruppo Per immunità di gruppo (o immunità di gregge) si intende una forma di protezione indiretta che si verifica quando la vaccinazione (oppure quando la malattia è stata superata con anticorpi propri, senza vaccinazione) di una parte significativa di una popolazione fornisce una tutela anche agli individui che non hanno sviluppato direttamente l'immunità. Purtroppo questo traguardo è molto lontano visto che l’ingresso di nuovi ceppi mutanti del virus SARS-Cov-2, come la versione inglese, richiede che debba essere vaccinato o protetto in modo naturale non meno dell’80% dei soggetti. Sapremo che siamo protetti dalla immunità di gruppo e quindi che la pandemia è finita solo quando per almeno 14 giorni di seguito, su tutto il territorio nazionale non si registrerà nessun caso di decesso per COVID-19 e contemporaneamente non ci sarà nessun nuovo contagio. Il raggiungimento della immunità di gruppo è un traguardo impegnativo dato che si scontra con l’attuale scarsa disponibilità di dosi di vaccino; alla data attuale esiste un solo vaccino, il Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) autorizzato dall’AIFA. Un altro problema è dato dall’attuale stato delle strutture vaccinali nazionali che alla data odierna deve essere costruito da zero per quanto riguarda la carenza di personale, la disponibilità di attrezzature specifiche e di location. A questo si aggiunge un considerevole problema culturali di base come una conoscenza scientifica di base deficitaria che non contribuisce di certo alla disponibilità delle persone di accettare la vaccinazione. Il mercato del lavoro e l’impiego di lavoratori vaccinati contro il COVID-19 Il datore di lavoro, per tutelarsi da eventuali richieste di risarcimenti da parte di soggetti che potrebbero dichiarare di avere contratto il COVID-19 durante l’utilizzo di servizi ed attività pericolose per la trasmissione del virus, potrebbe decidere di utilizzare come dipendenti, solamente soggetti che siano stati già vaccinati contro il COVID-19 e/o che risultino protetti perché hanno acquisito questa protezione in modo naturale avendo superato la malattia. Quindi potrebbe essere il mercato del lavoro a decidere che la vaccinazione o, comunque, lo stato sierologico di protezione, sia un requisito indispensabile per l’accesso al mondo del lavoro, alla stregua di un diploma di formazione o la conoscenza di una lingua estera. Ci riferiamo, ad esempio, a tutte quelle attività in cui è molto probabile la compresenza di diverse persone in un unico luogo come ai ristoranti, bar, pub, oppure ancora agli stadi, ai cinema, alle palestre, ai teatri, fino ai mezzi di trasporto. In altre parole, i riferimenti sono tutti rivolti alle attività che prevedono un gran numero di lavoratori nelle stesse aree di lavoro o che prevedono la presenza di un pubblico o utenti fruitori dei servizi offerti da quella particolare impresa. Tutti i luoghi potrebbe riprendere più velocemente la loro abituale attività, se a gestirli come personale addetto fossero persone vaccinate o con anticorpi naturali verificabili tramite analisi sierologiche, che non essendo a rischio di contagio, possano garantire una continuità lavorativa oltre che una sicurezza verso i clienti e fruitori. Quest’ultima affermazione, tuttavia sarebbe valida a condizione che gli studi futuri dimostrassero che i vaccinati non sono soggetti contagianti. Il rapporto tra vaccinazioni anti COVID-19 e la contagiosità dei soggetti vaccinati L’attuale ed unico vaccino Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) autorizzato dall’AIFA prevede la copertura sanitaria dal rischio biologico COVID-19 per un soggetto vaccinato fino al 95%, ma non esistono ancora studi che accertino se la persona vaccinata sia o non sia a sua volta un portatore sano del virus. Nell’ultimo caso, il soggetto contribuirebbe alla creazione dell’immunità di gruppo. Ricordiamo che per “portatore sano” si intende un soggetto che è protetto perché vaccinato, ma può propagare l’agente patogeno di cui è portatore. Questo è anche il parere di esperti virologi. Nell’articolo del 26 Novembre 2020 dal titolo “Coronavirus: chi è vaccinato può trasmettere la malattia?”, il Prof. Roberto Burioni afferma: “ Non sappiamo se i vaccini contro Covid-19 impediranno solo la malattia o anche la trasmissione dell'infezione. I risultati preliminari a mio giudizio inducono a un cauto ottimismo '' Alla data attuale infatti esiste un solo studio sulla contagiosità che mostra una riduzione di tamponi positivi fino a 2/3 di soggetti fra la 1° e la 2° somministrazione di dose somministrata di vaccino. Lo studio è riferito al vaccino di Moderna, datato 17 dicembre 2020. Per quanto incoraggianti, in mancanza di ulteriori dati scientifici che offrano ulteriori conferme riguardanti la presunta contagiosità dei soggetti vaccinati (dove per soggetto vaccinato si intende un soggetto che ha ricevuto tutte le dosi previste dal protocollo di vaccinazione relativo ad un vaccino approvato AIFA), applicando il principio di precauzione, le vaccinazioni non potrebbero allo stato attuale delle conoscenze, essere completamente sostitutive delle attuali misure previste dal DPCM del 17/05/2020, espresse nei Protocolli Condivisi aziendali. In sostanza, i tempi sono ancora immaturi per la sostituzione delle attuali misure di protezione individuali e collettive come utilizzo di mascherine, igienizzazione, controllo dei sintomi e delle temperature e distanziamento sociale. I prossimi mesi del 2021 saranno decisivi per la conferma dei dati finora ottenuti e la possibile applicazione della migliore tecnica disponibile per il contrasto alla patologia da COVID-19, che risiede nella vaccinazione anti COVID-19. I soggetti con problematiche per l’utilizzo del vaccino come mezzo di prevenzione contro il rischio biologico da SARS-Cov-2 Alla data attuale, in Italia esiste un solo vaccino approvato ed utilizzato, chiamato Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty). In base alle indicazioni dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) contenute nel documento “Vaccinazione anti COVID-19 con vaccino Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) FAQ AIFA” aggiornate al 28 Dicembre 2020 e scaricabile nelle fonti del presente articolo, vengono fornite informazioni interessanti per i soggetti che si sottopongono al trattamento. Innanzitutto le persone che hanno una comprovata storia clinica di gravi reazioni anafilattiche o allergiche, se sottoposte al vaccino anti COVID-19, potrebbero avere delle controindicazioni alla sua somministrazione. Questa notizia non dovrebbe sorprendere, perché i soggetti allergici incorrono nelle stesse identiche problematiche con vaccini di altra natura. I dati relativi al vaccino per le persone immunocompromesse, il cui sistema immunitario risulta indebolito, al momento sono molto limitati. Lo stesso identico discorso si applica per le donne in stato di gravidanza. Il motivo di questa lacuna è più semplice del previsto: non sono stati condotti studi su questi due campioni in particolare. Il vaccino non è raccomandato per i soggetti di età inferiore ad anni 16; gli studi finora condotti non hanno compreso i bambini e i ragazzi che rientrano in questa fascia d’età, pertanto non è possibile formulare nessuna ipotesi sull’efficacia ed eventuali controindicazioni. Mai come ora il ruolo dei Medici sarà fondamentale per determinate categorie di persone, nella decisione di vaccinarle o meno contro il COVID-19. Infatti, il vaccino potrà essere somministrato ai soggetti autoimmuni soltanto se privi di controindicazioni, che devono essere valutate caso per caso. Sarà sempre competenza del medico valutare la possibilità di vaccinazione per le persone con una terapia anticoagulante in corso. La casistica enunciata non è esaustiva. Sappiamo che alla data attuale esistono una serie di soggetti per i quali l’utilizzo del vaccino in questione appaia sconsigliato, o da eseguire sotto parere ed osservazione di operatore sanitario o per i quali le sperimentazioni effettuate non hanno ancora avuto validazione statistica e che sarebbero esclusi da una copertura vaccinale e non soggetti ad una eventuale normativa di obbligatorietà del vaccino. Qualora un soggetto che non può o non vuole essere sottoposto a vaccinazione anti COVID-19 debba svolgere la propria attività lavorativa in modalità che lo possa esporre al rischio biologico di infezione da SARS-Cov-2, dovranno continuare ad essere applicate esattamente e scrupolosamente le regole di prevenzione già contenute nei Protocolli Condivisi aziendali. I soggetti esonerati dall’eventuale obbligo di vaccinazione anti COVID-19 Ricordiamo che il soggetto che vuole essere vaccinato dovrà preventivamente sottoscrivere una liberatoria, dove dichiara di essere a conoscenza di tutti i rischi propri del vaccino. A titolo informativo, una liberatoria simile verrebbe fatta firmare dall’interessato per qualsiasi altro tipo di vaccino o, in linea generale, per qualunque intervento sanitario. Potrebbero essere esonerati dalla relativa vaccinazione i soggetti la cui "immunizzazione a seguito di malattia naturale" risulti comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante ovvero dagli esiti dell´analisi sierologica (art. 1, comma 2, d.l. 7 giugno 2017, n. 73). Infine, qualora fosse introdotta una normativa che rendesse la vaccinazione anti COVID-19 obbligatoria, ricordiamo che le vaccinazioni obbligatorie "possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta" (art. 1, comma 3, d.l. 7 giugno 2017, n. 73). La valutazione del rischio biologico da COVID-19 e i soggetti vaccinati Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere valutato secondo tre variabili: Esposizione . È la probabilità di venire in contatto con possibili fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); Prossimità . È la risultanza delle caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio o lavoratori che agiscono a distanza ridotta nell’attività di stampaggio materie plastiche) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; Aggregazione . La tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, sport, ecc.). Ad ognuna delle tre variabili deve essere assegnato un “peso” che è funzione delle aree di azione, dei tempi di esposizione, dei fattori di prevenzione che vengono forniti al lavoratore come informazione e formazione specifica e delle misure di protezione come maschere, dispositivi igienizzanti e procedure di distanziamento sociale (Fonte INAIL 2020). I profili di rischio biologico e le misure di prevenzione da COVID-19 Secondo le tre variabili precedenti necessarie per la valutazione del rischio biologico da COVID-19 (esposizione, prossimità e aggregazione), è possibile prevedere tre categorie con diversa graduazione del rischio di contagio. Categoria 1 . Rappresenta quei lavoratori ad elevato rischio di contagio come il personale che opera negli ospedali, nelle case di riposo, scuole ed istituti parificati, centri di detenzione e in altri ambiti sociali pubblici e privati. I soggetti esposti sono i professionisti sanitari, i medici, gli infermieri, i tecnici sanitari, gli OSS ed altri operatori sanitari ed educativi. Tutti questi soggetti elencati sono da considerare operatori esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus (Circolare INAIL n. 13 del 03/04/2020). Per questa categoria, oltre le misure previste dai Protocolli Condivisi, è determinante ai fini della protezione dal rischio biologico che i soggetti esposti siano vaccinati contro SARS-Cov-2. Categoria 2 . In questa sono contenuti tutti quei lavoratori che sono a contatto diretto con l’utenza e possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. Sono lavoratori esposti ad una condizione di elevato rischio di contagio; in via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, addetti alle consegne di pacchi , buste e addetti al delivery, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari (Circolare INAIL n. 13 del 03/04/2020). Anche per questa categoria, oltre le misure previste dai Protocolli Condivisi, è determinante ai fini della protezione dal rischio biologico che i soggetti esposti siano vaccinati contro SARS-Cov-2. Categoria 3 . Quest’ultima categoria rappresenta i lavoratori che svolgono attività diverse dai casi sopra citati, che comunque potrebbero contrarre il virus a causa del loro lavoro e durante il percorso casa-luogo di lavoro. Sono quindi da escludere da questa categoria i soggetti che lavorano tramite telelavoro o smartworking che svolgono la loro attività esclusivamente in sede personale. Per questa categoria la vaccinazione anti COVID-19 avrebbe significato come contributo al raggiungimento della immunità di gruppo. In conclusione, al momento della stesura del presente articolo, è chiaro che siamo all’inizio di un momento molto delicato e i prossimi mesi saranno decisivi nella lotta al nuovo Coronavirus (che poi tanto nuovo non lo è più oramai). Per certi versi, abbiamo i mezzi normativi per tentare di prevedere gli sviluppi futuri. Dal punto di vista tecnico/scientifico, dobbiamo invece aspettare ancora qualche tempo, sebbene sembrerebbe volgere tutto verso il meglio. Ad ormai 11 mesi dall’inizio di questa disavventura, le persone sono provate e stanche, ma la speranza di un ritorno ad una nuova normalità si fa giorno per giorno sempre più vicino. Coraggio. Milano, 01/01/2021 Scritto da Marano Dr. Carmelo (Biologo) Testo revisionato da Marano agr. dr. Matteo Bibliografia B Pedalino , B Cotter , M L Ciofi Degli Atti , D Mandolini , S Parroccini , S Salmaso. Epidemiology of tetanus in Italy in years 1971-2000. Eurosurveillance. ModernaTX, Inc. mRNA-1273, Sponsor Briefing Document Addendum, Vaccines and Related Biological Products, Advisory Committee (https://www.fda.gov/media/144453/download) Normativa Circolare INAIL n. 9 del 07/03/1976 - Estensione dell'obbligo della vaccinazione antitetanica ad altre categorie di lavoratori Circolare INAIL n. 13 del 03/04/2020 - Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il conseguimento delle prestazioni Inail. Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Articolo 34, commi 1 e 2; articolo 42 commi 1 e 2 Decreto Ministeriale 22 marzo 1975 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 85 del 29 marzo 1975. Codice Civile DPCM del 17/05/2020- Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19; DPCM del 03/12/2020 - Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante: «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19» e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante: «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19», nonche' del decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, recante: «Disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19» D.Lgs. del 09/04/2008 n.81 - Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza Decreto Legge del 07/06/2017 n. 73 - Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale Decreto Legge del 17/03/2020 n.18 - Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 Legge ordinaria del Parlamento n° 292 del 05/03/1963 - Vaccinazione antitetanica obbligatoria. Sitografia https://www.epicentro.iss.it/tetano/ https://www.inail.it/cs/internet/home.html https://www.epicentro.iss.it/ben/2002/marzo02/2 https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1279946/FAQ-Vaccinazione_anti_COVID-19_con_vaccino_Pfizer.pdf https://www.medicalfacts.it/2020/11/26/coronavirus-chi-e-vaccinato-puo-trasmettere-la-malattia/